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Quando feci un poco karakiri e calcolai le miepossibilità per un aldilà

In tutti gli angoli della Terra

Teoria della poesia romantica

La verità sui bevitori di whiskey

il libro
La scrittura poetica di Matthias Politycki col suo caratteristico sound, sia in versi sciolti sia compattato dentro determinate forme della tradizione non solo occidentale (ode, inno, sonetto, terzina, tanka ecc.), nella vastità dei temi toccati (dall’amore alla morte, dal viaggiare allo sport, dal dolore nelle sue svariate sfaccettature alle inezie quotidiane “senza importanza” di cui però è pur fatta la vita di ciascuno di noi) si situa in una linea “minoritaria” all’interno della lirica tedesca contemporanea che, tuttavia, vanta notevoli voci (Peter Rühmkorf; Robert Gernhardt). Si tratta di una poesia stilisticamente finissima, ma assolutamente impretenziosa e a un tempo carica dell’esperienza della vita di tutti i giorni, cordialmente scatologica, materica, attenta sì alla forma e all’eufonia ma dalle forti tinte ironiche, comiche e dagli intenti dissacranti.

l’autore
Matthias Politycki è nato a Karlsruhe nel 1955 e vive tra Amburgo e Monaco. Considerato in Germania uno degli autori più significativi della sua generazione, dopo aver debuttato a metà degli anni Ottanta con un voluminoso romanzo e una raccolta di versi sperimentali di taglio metaletterario, è arrivato a un clamoroso successo di critica e di pubblico alla fine degli anni Novanta con i corposi romanzi Weiberroman [Romanzo di femmine] e Ein Mann von vierzig Jahren [Un uomo di quarant’anni], in cui fonde forti esigenze estetiche e leggibilità, riconfermato dai romanzi più recenti Herr der Hörner [Signore delle corna, 2005] e In 180 Tagen um die Welt [In 180 giorni attorno al mondo, 2008].
Alla sua notorietà ha contribuito anche un’intensa e discussa attività saggistica militante svolta sui principali organi di informazione e di polemista radio-televisivo.

Sogno di una notte d’estate

Dichiarazione di una domenica pomeriggio

Nascondiglio d’autunno

È stato un rovescio di pioggia lì fuori or ora,
che aspro scroscia giù sul fogliame, è stato
solo un colpo di vento, che rude spazza
dall’albero le foglie rimaste? È stata una scossa improvvisa
del mondo, udita nel tardo pomeriggio
del sabato – la normalissima vita, orribilmente bella?

Superbo, se per rispondere alla domanda
ti sei nascosto nel letto. E comodo,
se nel farlo guardi in un volto
che ancor più ti allontana dal quel tramonto.
Meglio ancora se chiudi i tuoi occhi
e qualcuno sfiora leggero la tua fronte –

affinché non ci sia più spazio per vento e mondo e morte.

Bar Fabbrizio

Ehi, cameriere,
questa qui non è una poesia
questa qui è un’ordinazione!

Ci sono già troppi versi
che bramano caffè forte,
mura color terra d’ombra con sopra il rosso di gerani,
questa luce delle cinque e cinque fino a notte,
come contorno le bandiere stracche del municipio,
dai monti scende un vento, caldo e bianco,
un intuito. Un tono. Un aroma. L’antico fasto.

E inoltre, sta’ a sentire, qui la bocca
non l’ho aperta solo per lo stupore,
qui ho riso a crepapelle
all’ombra dei vecchi uomini-coppola
con quel tizio pazzo in giacca gialla,
col farfallino giallo, le scarpe gialle…
per giorni interi non ci calmavamo
ridevamo tanto forte
da spaventar la morte.

E intanto, cameriere, su dai,
per altri cent’anni sentirai
l’eco delle nostre risa, ti capitasse mai
alle cinque e cinque di appoggiar l’orecchio a queste mura,
ma non ora! Perché questa (te l’ho poi detto) comunque sia
è un’ordinazione, non una poesia.